Non solo la collaborazione immaginifica viene proposta al pubblico: a conclusione di ciascuna replica per la cittadinanza dello spettacolo “José Domingo Molas: dalla Guerra del Chaco alla Resistenza in Piemonte” l’attore proporrà di progettare e/o sostenere azioni solidali di mutuo aiuto sul territorio o ovunque nel mondo; direttamente o supportando l’opera di soggetti giuridici di riconosciuta coerenza e responsabilità, quale ad esempio Music for Peace (per erogazioni liberali: IBAN IT19L0617501404000002067580, intestato a “MUSIC FOR PEACE CREATIVI DELLA NOTTE” Associazione Onlus), oppure altri che gli spettatori stessi potranno suggerire.
Il progetto, dunque, assume e implementa un’azione già consolidata dalla Compagnia Marco Gobetti: la finalizzazione pratica della spinta solidale che può nascere ed essere resa responsabile dall’accadere teatrale.
Il teatro può farsi palestra di empatia. Perché e a che scopo? Se, per dirla con Kropotkin, “dall’empatia nasce lo slancio solidale e dallo slancio solidale nasce il mutuo appoggio”, il teatro può influire pure direttamente sui meccanismi di solidarietà sociale, scatenando dinamiche mutualistiche condivise con i pubblici via via incontrati. Cos’altro è, infatti, se non empatia, ciò che nasce – nel migliore dei casi – dal rapporto non catalogabile, non governabile, e non prevedibile fra attori e pubblico in uno stesso tempo e in uno stesso spazio?
Il secondo passo verso la solidarietà diretta, resa più consapevole dalla “palestra”, è la riflessione sulla solidarietà stessa, intesa come mezzo per sentirsi vivi e per trasformare i pensieri in azione concreta. L’evocazione di una figura e di fatti precisi del passato, può essere strumento di confronto con il presente e stimolare pensieri: soprattutto se quei fatti coincidono con una situazione di estrema difficoltà e se la figura è atipica, come quella di un sacerdote paraguayano che salva interi paesi del nord Italia dalle rappresaglie naziste, tratta e conclude scambi di prigionieri fra partigiani e comandi tedeschi e ha una instancabile cura per tutti i vivi e per tutti i morti che incontra. Una “esemplarità” complessa, dunque, che, lungi dall’essere “fotocopiabile”, suggerisca pensieri e azioni responsabili.
L’idea sottesa è pure quella che i lavoratori dello spettacolo in primis – di concerto con il resto della cittadinanza – possano solidarizzare non solo fra loro, ma con ogni altra categoria di lavoratori ascrivibile alla classe del proletariato contemporaneo (le/i braccianti – dei campi, degli ospedali, delle rsa, della scuola, delle fabbriche, della grande distribuzione, della logistica, ecc – e chiunque abbia reddito da lavoro che stia sotto una certa soglia); e con ogni categoria sociale per la quale si possano verificare difficoltà o addirittura impossibilità nell’esercizio dei diritti costituzionali, a cominciare da quelli imprescindibili e inalienabili.
Una “sensibilità larga”, insomma, capace di abbracciarne e nutrirne ogni altra necessaria (a cominciare da quella artistica), forse potrebbe portare fortuna e concorrere a costruire felicità consapevoli per tanti.